Celebrare il Patrono di una città significa asserire solennemente che egli, oltre che nella fede, è pure il Pater civitatis, il fondatore della Città stessa. Gerlando è il fondatore della città perché solo Dio può essere garante vero del bene comune che è il vero fine dello stare insieme. La Città non è un ammasso d’individui ma una comunità perché i cittadini hanno una comunanza di fini e la comunanza di fini richiede un fondamento indisponibile che solo Dio può garantire. I vescovi patroni hanno difeso le loro città da nemici e carestie; talvolta, le hanno tenute insieme nelle difficoltà e, talvolta, perfino governate. Quando ciò non è avvenuto, essi sono lo stesso Patres civitatis perché non c’è legame che possa sostituire per verità e profondità quello religioso. La festa del Patrono ricorda che le questioni di quaggiù non si risolvono senza l’aiuto da lassù. Non si dissodano i terreni incolti se prima non si dissodano le anime. Le relazioni tra gli uomini rimangono conflittuali se prima non si sistemano le relazioni con Dio. La famiglia non può essere protetta con leggi e politiche se si dimentica la Santa Famiglia. Chi non guarda in verticale finisce per non guardare nemmeno in orizzontale
San Gerlando
Evangelizzatore nella carità
L’identità cristiana agrigentina si riconosce vivamente nella sua Cattedrale e nel suo santo vescovo Gerlando di Besancon, primo vescovo del secondo millennio, cui venne affidata la diocesi dopo la conquista normanna avvenuta il 25 luglio 1086.
San Gerlando nasce a Besançon, l’antica Vesontium, verosimilmente tra gli anni 1030-1040 da una nobile famiglia. La sua giovinezza fiorì mentre reggeva la diocesi bisuntina S. Ugo I di Salins e Ugo II. Probabilmente, fin dalla giovinezza, S. Gerlando fu iscritto fra i chierici del capitolo di S. Paolo e vi ricevette quell’accurata preparazione.
Durante un voto di pellegrinaggio alla tomba di Pietro, in linea con le manifestazioni della pietà cristiana mosse dalla Francia verso i principali luoghi di pellegrinaggio, quali Roma e Gerusalemme. Gerlando,giunse in Mileto, forse dopo il 1080-1081, città di residenza dei Normanni di Altavilla, prima che essi si lanciassero nella conquista della Sicilia. San Gerlando aveva il compito di istruire i diaconi, il clero, e i chierici non solo nel canto delle sacre lodi, ma anche nelle discipline ecclesiastiche. Nella Sicilia liberata dall’occupazione araba dai normanni nel 1086 viene nominato dal conte Ruggero vescovo della città nel 1088 e venne consacrato a Roma da papa Urbano II. Il Conte Ruggero volle ricostruire la chiesa di Agrigento, ritenendo Gerlando l’unico vescovo in grado di poterla governarla. L’opera evangelizzatrice di S. Gerlando si rivolse principalmente per alimentare la fede in quei pochi cristiani che trovò nella città e nella diocesi e, poi, a convertire gli ebrei e i musulmani, attraverso il suo esempio e grazie alla sua parola.
La diocesi di allora, si estendeva per quasi un terzo della Sicilia, abbracciando le attuali due provincie di Agrigento e Caltanissetta e parte di Palermo. Organizzare una diocesi così vasta fu un impresa non molto facile. S. Gerlando si preoccupò principalmente dell’assistenza spirituale dei fedeli, costituendo le parrocchie.
La sua azione fu continua e fattiva anche nella fondazione di monasteri per arricchire la diocesi di monaci intenti alla preghiera e all’apostolato. Grande contributo nella rifondazione della Diocesi ebbe il Capitolo dei canonici, fondato per autorità pontificia e dotato dal conte Ruggero, venne ordinato e valorizzato in tutte le sue attività da S. Gerlando.
Muore il 25 febbraio del 1100, il suo corpo venne esposto con ogni devozione e riverenza nel coro della Cattedrale. La traslazione del corpo di San Gerlando in cattedrale, durante l’episcopato di Gentile (1154-1171) .
Con la traslazione del corpo in cattedrale e la trasformazione della chiesa in santuario, il vescovo Gentile promosse il culto di San Gerlando, associandolo ai santi patroni: alla Beata Maria Vergine e a San Giacomo Apostolo.
Le reliquie e l'Urna
Su un magnifico plinto s’innalza la figura di Gerlando rappresentato in ginocchio e con le braccia aperte e pronte ad accogliere la voce di Dio e ogni invocazione per la città, la diocesi e tutti i fedeli che lo onorano.
Sopra uno zoccolo di cornici decorate da ricchi festoni, si colloca l’urna, un tempo arricchita da sei formelle che narravano la vita del Santo, oggi andate perdute dopo due sacrileghi furti che ne hanno deturpato l’armonia.
Nella statuina del Santo, nei rilievi e nelle decorazioni era visibile una completezza stilistica coerente con la visione armonica e misurata del suo fautore, fedele allievo dell’Accademia dei Carracci.
Un emblematico monumento della fede cristiana agrigentina, l’Urna di S. Gerlando testimonia non solo il profondo sentimento religioso del popolo agrigentino verso il Patrono, ma anche la presenza di una committenza colta e illuminata, che si rivolge quasi sempre a noti artisti per la loro esecuzione.
La monumentale cassa è stata infatti voluta dal vescovo Francesco Trayna, a capo della Diocesi di Agrigento dal 2 marzo 1627 al 4 ottobre 1651, per arricchire la nuova cappella fatta erigere dallo stesso, per la Cattedrale di Agrigento. Il 10 gennaio 1653 don Francesco Albamonte, procuratore del vescovo, commissionava all’argentiere palermitano Michele Ricca, l’esuberante vara, su progetto dell’abate Vincenzo Sitaiolo, presentando anche il disegno eseguito dal grande pittore monrealese Pietro Novelli. Le parti fuse, quali i dodici puttini, le teste dei serafini e degli angeli vennero realizzati dall’argentiere Giancola Viviano.
A causa di furti sacrileghi l’Urna oggi è mancante delle formelle che raffiguravano scene della vita del Santo Vescovo e particolarissimi fregi
Tra gli episodi più importanti sbalzati nelle formelle: L’incontro del Santo con il conte Ruggero, suo cugino, segno di una coesione politica e culturale tra la Chiesa e la Corte regia; II Battesimo di Hamud, tra gli ultimi signori musulmani della città, segno della melliflua e dotta predicazione di questo grande uomo e santo che “non cessava mai di esortare alla fede cristiana”; San Gerlando che istruisce il clero e il popolo segno della cura pastorale e l’annuncio del Vangelo; San Gerlando che sovviene alle necessità della Città a testimonianza della sua carità e munificenza.